Quando si parla di Corea del Sud l’associazione con i volti di porcellana promossi dai grandi conglomerati del beauty, con le coloratissime band del K-pop o con pellicole da Oscar è certamente inevitabile ma ultimamente c’è una nuova ondata creativa che da Seul sta travolgendo l’Occidente.
Nato con la complicità della Camera Nazionale della Moda Italiana e con il supporto dell'Istituto Marangoni, il progetto “Milan Love Seul”, in occasione dell’ultima fashion week meneghina, ha acceso i riflettori dello stile sulla moda coreana.
Con una selezione di designer emergenti, il programma ha creato un ponte tra le due nazioni per esplorare la moda come estensione dell’identità e della bellezza personale, con un’attenzione particolare a tematiche importanti quali sostenibilità e innovazione.
Così hanno calcato le passerelle: la delicatezza e la resistenza della seta che Troa ha utilizzato per vestire una nuova generazione di Gisaeng, le eleganti intrattenitrici coreane; i capi ricavati da plastica riciclata da Vegan Tiger; le interpretazioni cromatiche dell’Obangsaek (i cinque colori cardinali della tradizione coreana) presentate da Maison Danha e molto altro ancora.

Ma da dove trae origine il successo del fattore K?
Era il 2019 quando il rapper Psy con la sua coreografica hit “Gangnam Style” apriva la strada a band come i BTS, i primi musicisti coreani a conquistare il difficile mercato americano.
Un anno più tardi, la storia di una famiglia ai margini alla ricerca di rivalsa e dal titolo “Parasite” conquistava ben 6 statuette ai prestigiosi Academy Award (tra cui l’Oscar per il Miglior Film) proprio mentre il brand di cosmesi Yepoda esportava in Europa le regole della skincare coreana, di cui oggi in poche possono farne a meno.
Tutto ciò unito all’affermazione dello street style come mezzo di espressione delle nuove generazioni e al dilagare, per lo meno in Corea del Sud, di una libertà espressiva inedita, ha portato, in soli cinque anni, il fattore K sulla bocca di tutti, compresi i grandi brand della moda che oggi guardano a Seul come a un grande centro creativo da cui attingere e non perdono occasione per riservare agli amatissimi K-Idol un posto in front-row.
Layering, comfort e libertà: cosa piace alla moda del K-style
Tra le principali caratteristiche dell’estetica coreana che piace, soprattutto ai più giovani, vi è certamente la vestibilità comoda e unisex ma anche la stratificazione di tessuti, stampe e materiali anche molto diversi tra loro e l’accostamento di abbigliamento sportivo a dettagli più romantici e ricercati.
I tacchi sono banditi dal guardaroba e lasciano il posto a sneakers, combat boot e ballerine.
In altre parole, la caratteristica vincente del K-style sembra essere quella di creare outfit alla portata di tutti, nessuno escluso.