Entrata in Condé Nast nel 1983 e nominata direttrice di Vogue US nel 1988, Anna Wintour ha trasformato la rivista in un colosso culturale, portandola ben oltre le pagine patinate: sotto la sua direzione, Vogue è diventata un punto di riferimento non solo per la moda, ma anche per l’arte, il cinema, la politica e l’attivismo. È merito suo se oggi il confine tra cultura pop e haute couture è sempre più sottile.

Tra le sue eredità più forti: aver portato in copertina donne iconiche (da Michelle Obama a Kim Kardashian, da Serena Williams a Billie Eilish), aver sostenuto giovani designer prima ancora che diventassero celebri, e aver mantenuto un ruolo centrale nel Met Gala, che sotto la sua direzione si è trasformato nell’evento fashion per eccellenza.

La sua leadership è stata fonte di ispirazione (e di parodie, come nel celebre film Il Diavolo veste Prada). Ma la Wintour ha saputo anche rinnovarsi, mantenendo Vogue rilevante nell’era digitale e guidando la transizione del brand verso una visione più inclusiva e contemporanea.
Secondo le prime indiscrezioni, Wintour continuerà a collaborare con Condé Nast in qualità di consulente globale, ma si dedicherà anche ad altri progetti, tra arte, beneficenza e mentorship. Al suo posto si vocifera l’arrivo di una nuova figura capace di traghettare Vogue in una fase ancora più digitale e sostenibile.
Il mondo della moda, intanto, si stringe attorno a lei con tributi e omaggi. Perché Anna Wintour non è stata solo una direttrice: è stata la voce, l’occhio e il cuore della moda internazionale per più di tre decenni.
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27 giugno 2025